Difficile davvero riuscire a collocare questo disco, strano fin dalla formazione - un duo di ance - e giocoso fin dal titolo.
Giordano Muto e Marco Santilli, innanzitutto, sono fior di musicisti, che non hanno cadute di stile né quando si dedicano alla musica popolare - “Sacra terra del Ticino”, con Santilli ottimo anche alla chitarra e alla voce - né quando si avvicinano, su composizioni originali, alla musica classica contemporanea - nell´eccellente ed evocativa “Black”, per sax baritono e clarone, o in “Atlantis”.
I due, poi, mischiano le carte in continuazione. Perché, ad esempio, con una formazione così ristretta e particolare non sarebbe possibile rileggere “Alfonsina y el mar” se non con un´espressività marcatamente cameristica, stravolgendone in tal modo la cifra. Oppure perché, come in “Qualcuno volò sul nido”, avviano giocando a fare i Rova, poi, dopo un passaggio quasi New Orleans, ritornano tranquilli tranquilli in Ticino…
Infine, il fatto che qua e la tra le tracce, cantate da Santilli facciano capolino delle vere e proprie canzoni, tradizionalissime anche quando scritte ex novo, rende tutto ancor più sfuggente…
Non stupisce, dunque, che tra i pareri entusiasti che sono stati spesi per questo due vi sia quello di Gianluigi Trovesi, eclettico per antonomasia, e in fondo tutt´altro che lontano da quella tradizione ticinese alla quale Muto e Santilli attingono continuamente.
Alla fine, anche se non si sa bene su quale scaffale metterlo - o, forse, proprio per questo - un disco gustoso, pieno di bei suoni, di belle melodie e di geniali invenzioni.
(Neri Pollastri)